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21 Febbraio 2013

Senza scritture, tutto fa reddito. Basta uno sguardo al conto corrente.

Anche quando le prestazioni sono esercitate in assenza dei requisiti previsti dalla legge, i proventi intascati rappresentano corrispettivi da sottoporre a tassazione.

In mancanza di contabilità, i versamenti e i prelevamenti sul conto di un professionista che esercita abusivamente l’attività sanitaria costituiscono presunzioni di reddito nell’anno in cui sono stati effettuati.
Lo ha affermato la Cassazione con la sentenza n. 2894 del 7 febbraio.

I fatti
A seguito di una verifica della Guardia di finanza presso un professionista di Benevento, che esercitava abusivamente la professione sanitaria, l’ufficio ha emesso due avvisi di accertamento e un atto di contestazione relativi alle imposte dirette e all’Iva per l’anno 1997.
Sulla base di accertamenti bancari, l’Amministrazione finanziaria ha provveduto a contabilizzare (ex articoli 32 del Dpr n. 600/1973, e 51 del Dpr n. 633/1972) tutte le movimentazioni operate dal contribuente, ritenendole operazioni imponibili. Ciò in quanto il professionista non aveva istituito le scritture contabili e non aveva ottemperato all’invito della Guardia di finanza di fornire dati e notizie sugli elementi desunti dagli accertamenti bancari.
Nei gradi di merito, accogliendo in parte il ricorso del contribuente e confermandolo in secondo grado, i giudici hanno rideterminato il reddito accertato, escludendo sia i saldi attivi iniziali (comprese le somme investite in titoli), perché non di competenza dell’anno, sia alcuni prelevamenti per difetto di concrete motivazioni.

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